Riapriamo il blog, che abbiamo un pò trascurato negli ultimi tempi, perchè impegnati nella progettazione di attività culturali con la nostra associazione Spazi Contemporanei, per aprire un ciclo di interviste dedicate ai giovani architetti o ingegneri siciliani
La prima intervista riguarda un giovane ingegnere catanese, che ha scelto come tanti di trasferirsi all'estero, per intraprendere un importante esperienza lavorativa presso lo studio di Architettura Claus en Kaan Architecten di Rotterdam in Olanda.
Giuseppe Mazzaglia ci racconta durante il nostro incontro, la sua esperienza universitaria e l'impatto con il modo di progettare olandese.
1 Caro Giuseppe, se è vero che il livello delle facoltà italiane è sempre più scadente, è anche vero che esistono realtà “felici”, come dimostrato dall’ottimo lavoro svolto in alcuni corsi della facoltà di Ingegneria Edile/Architettura di Catania. Puoi raccontarci l’esperienza universitaria con il professore Sebastiano D’Urso?
Il confronto tra la scuola italiana, nello specifico Catanese, e quelle del resto del mondo lo vivo ogni giorno da ormai due anni e posso dire che non sento sulle spalle alcun timore reverenziale. Se poi invece si parla di preparazione professionale il discorso é piú complesso.
Si potrebbe discutere a vario titolo sulle scuole di progettazione italiane, ma anche sul metodo in cui vengono valutate e messe in relazione tra di loro e con le realtà accademiche nel resto del mondo. Si deve però considerare quanto di buono si produce evitando di generalizzare nelle valutazioni o di sminuire gli aspetti positivi.
Ho avuto la fortuna e il piacere di sviluppare il mio progetto di laurea con il professore Lino D’Urso, fui uno dei suoi primi tesisti proprio nel momento in cui veniva incaricato di tenere il corso di Architettura e Composizione Architettonica. L`instaurarsi di un rapporto di rispetto, ma al tempo stesso molto colloquiale ci ha permesso di impostare il lavoro in maniera innovativa. Passione, professionalità e coinvolgimento che il prof. D’Urso impiega nella disciplina e trasmette ad allievi, tesisti e collaboratori, sono alla base degli ottimi risultati che io come altri suoi ex studenti stiamo ottenendo. L’unica paura é che sia una realtà “felice” ma isolata.
2 Oggi la professione dell’ingegnere è dell’architetto è in crisi in Italia, si costruisce e ristruttura sempre di meno. Tanto che molti giovani professionisti cercano “fortuna” all’estero. Ci puoi raccontare com’è percepita dalla società olandese la figura dell’Ingegnere e dell’Architetto?
Credo che la figura del progettista nei Paesi Bassi sia abbastanza condizionata dal tipo di istruzione che gli architetti ricevono, votata alla disciplina e al tempo stesso molto pragmatica.
D’altro canto, le istituzioni e un’associazione professionale coordinata in tutto il paese, fanno sì che l’architettura e la figura dell’architetto in se sia valorizzata in maniera più efficace ed effettiva di quanto non facciano i singoli ordini professionali in Italia. Devo però aggiungere che le condizioni al contorno pressochè favorevoli sono venute in parte a mancare a causa della congiuntura economica e del il cambio di bacini di richiesta, che ovviamente si allontanano sempre di più dall’Europa. Questo ha portato e sta portando a una piccola crisi di sistema sia economica che di contenuti.
Tuttavia il ruolo degli architetti e dell’architettura nella società è ancora fortemente influenzato dalla spinta positiva iniziata negli anni 90, che perdura fino ad oggi, la quale fa dei Paesi Bassi e di Rotterdam in particolare uno dei luoghi più prolifici per il pensiero e la produzione architettonica contemporanea.
3 Qual’è la principale differenza nell’organizzazione del lavoro all’interno dello Claus en Kaan Architecten rispetto a quella che si ha in Sicilia? E’ vero che gli studi europei sono più internazionali, nel senso che non si limitano ad operare in ambito locale?
La viva e spiccata vocazione internazionale sia sul piano della cultura architettonica come nella vita di tutti i giorni è una componente sostanziale nell’organizzazione del lavoro. In particolare Claus en Kaan lavora all’interno di un contesto prevalentemente internazionale, sia come ambiente di lavoro che come geolocalizzazione dei progetti. Tutto ciò senza mai disinteressarsi del contesto locale, nel quale l’architettura che produciamo esprime completamente i propri tratti distintivi.
Credo che questa possa essere una formula percorribile anche in un contesto come il nostro, dobbiamo però credere e investire di più al di fuori dl raggio di azione geografico e di conseguenza formale che spesso caratterizza la produzione architettonica in Sicilia. Ovviamente questo processo dovrebbe avvenire con “leggerezza” senza cercare di esportare o importare forme e processi, ma adattandosi alle specificità di ogni luogo.
4 Quali sono gli aspetti che ritieni i più positivi ed i più negativi dell’architettura contemporanea olandese?
Bisognerebbe scindere tra l’architettura effettivamente prodotta nei Paesi Bassi e quella prodotta da progettisti Olandesi in contesti esterni. In entrambi i casi risulta però evidente una naturale attitudine a porsi a confronto con il passato e con la città esistente in maniera molto schietta e senza troppi filtri.
Ovviamente quest’approccio costituisce un arma a doppio taglio per l’interpretazione del contesto in cui si interviene, in quanto se da una parte si lascia mano libera al progetto e a rendere efficace lo sviluppo un concept, dall’altra un eccessivo disinteresse nei confronti della forma della città e della storia finisce con il creare spesso architetture “aliene”, che invecchiano rapidamente o che si confrontano con le preesistenze in maniera ambigua.
5 Conoscendo la realtà siciliana ed ora quella europea, che novità porteresti con te se tornassi in Sicilia nuovamente?
Il cambio repentino tra il contesto di lavoro precedente e quello in cui vivo, ha reso evidenti quali sono i pregi e le carenze che caratterizzano i due modus operandi. Data la distanza culturale e geografica non credo che sia possibile rifarsi a un modello per poi applicarlo.
Mi chiedo spesso quanto la realtà siciliana sia davvero disposta ad aprirsi alle novità. Mi piacerebbe comunque individuare nella mia esperienza una costellazione di riferimenti personali e professionali da tenere sempre a mente anche nel caso in cui tornassi in Sicilia, gli stessi di cui in passato ho sofferto la mancanza. Una delle cose che apprezzo molto del mio lavoro oggi e che credo sia mediamente carente nel nostro contesto è l’organizzazione del lavoro, sia all’interno dello studio, sia con figure professionali copartecipi alla progettazione. Altro riferimento da non dimenticare è l’apertura verso culture e generazioni (!) diverse dalla propria, non solo in termini di riconoscenza e di credibilità, ma anche di investimento. Spero insomma che se un domani dovessi trovarmi a lavorare per conto mio di avere il coraggio di investire su persone giovani e appassionate, come fece Claus en Kaan Architecten nei miei confronti.
6 Nella realizzazione di un’opera, grande importanza viene data all’effettiva esecutività del progetto; ritieni che l’Italia e la Sicilia in particolare siano ancora indietro rispetto agli standard qualitativi europei riguardo la qualità media dei progetti?
In fase di progettazione e produzione dell’architettura, almeno per quanto ho potuto constatare direttamente, credo che il distacco sia ancora marcato. Non parlo delle eccellenze, ma della produzione ordinaria che in italia è spesso intrappolata tra l’attaccamento metodico a tradizioni costruttive e formali fine a se stesse e una impostazione modernista ormai obsoleta.
Una delle cose che più apprezzo del modo di lavorare presso Claus en Kaan è l’attitudine a impostare il progetto in maniera complessiva in tutte le sue fasi e considerare coralmente sia gli aspetti costruttivi che il concept, insieme con le richieste economiche e di programma. Questo rende possibile una pratica ottimizzazione delle risorse e l’auspicabile aderenza tra quello che in architettura si pensa e quello che infine si costruisce, mantenendo così alta sia la qualità architettonica che quella costruttiva.
7 Si ritiene che lo strumento del concorso di idee sia utile per la diffusione del principio di qualità e di trasparenza di un opera architettonica pubblica. In Olanda come vengono aggiudicate le gare per lavori pubblici?
Si tiene in conto la “qualità del progetto” e che peso viene data ad essa.
Generalmente il nostro studio non partecipa mai a concorsi aperti, ma a tender o a concorsi ad inviti, sia per una questione di dimensioni del lavoro rispetto alle potenzialità dello studio che di investimento (si cerca quanto più possibile di realizzare quello che si progetta).
D’altra parte l’utilizzo di queste formule concorsuali ci permette di presentare una proposta progettuale in stretta collaborazione anche con consulenti tecnici, strutturisti e spesso con l’impresa costruttrice. La qualità del progetto viene di conseguenza considerata e giudicata nella sua globalità. Non solo architettura, ma anche prestazioni, realizzabilità, fedeltà con le richieste progettuali.
Credo che tra l’altro il concorso (di idee) sia un’accezione prettamente italica di declassare il lavoro del progettista in senso pieno. Marcare la distinzione tra un concorso di idee (un gioco da architetti che a volte viene dimenticato nelle fasi successive) e una gara d’appalto (roba seria da ingegneri) non fa altro che aumentare il distacco tra ciò che si aspira ad progettare e quello che in realtà si realizza e cambia le nostre città. Cosa che, tra pregi e difetti, quì avviene in maniera più ragionata e valida.