Ignazio
Gardella progetta e realizza il dispensario antitubercolare di Alessandria tra
il 1934 e il 1938.
Sono
anni, quelli Trenta, che vedono la scena architettonica italiana impegnata
nella parossistica ricerca di una identità cultural-fascista, divisa tra
brandelli sostanziosi di accademismo tardo ottocentesco, razionalismo
d’avanguardia percolato d’oltralpe ed assorbito per lo più dall’ambiente
lombardo e la mediazione - tendente al monumentale - della scuola romana di
Piacentini.
Certamente
attratto dalle esperienze razionaliste e funzionaliste basate su principi etici
e moderni, Gardella rimane tuttavia immune dagli schieramenti culturali,
esercitando la sua lucida ed intelligente opera, attingendo allo stesso tempo
dalla tradizione e dalla modernità.
Il
dispensario antitubercolare di Alessandria è infatti l’esempio emblematico di
un atteggiamento progettuale che cerca un idea di spazio moderno, salubre,
chiaro e che usa - senza retorica - un sincretismo materico-formale di potente
efficacia espressiva.
Adagiato
su un’area un tempo periferica della città piemontese, il dispensario è un
volume parallelepipedo compatto ed unitario, modellato planimetricamente sul
rigore di un programma funzionale perfettamente interpretato.
Concepito
geometricamente su un modulo di 35 x 35 cm in pianta e 25 x 35 cm in alzato,
l’edificio è sviluppato su due livelli fuori terra rialzati da un piano
seminterrato che accoglie gli impianti.
La
pianta ha uno sviluppo rettangolare con il lato lungo parallelo all’asse
est-ovest, così da sfruttare al meglio le potenzialità espositive del sito.
Al
piano terra si accede attraverso una scala posizionata fuori asse a circa due
terzi del lato lungo sul fronte sud. Una volta varcata la porta di ingresso si
accede in uno spazio libero, abbastanza grande e luminoso, che accoglie la sala
d’aspetto per i pazienti e che struttura il sistema distributivo degli
ambulatori attigui che lo abbracciano su tre lati.
Posizionate
in aderenza interna ai lati corti dell’edificio, due scale, di cui una di
servizio, consentono una facile permeabilità al piano superiore. Questo piano
accoglie gli uffici amministrativi, un piccolo reparto di degenza, l’abitazione
del custode ed il solarium: riverbero spaziale della sala d’attesa del piano
terra, terrazza mediterranea, luogo per la cura en plein air dei malati.
I
prospetti rispettano il rigore logico della pianta.
A
nord il muro intonacato è articolato da una sequenza ritmica di finestre
allungate in senso orizzontale con infisso tripartito che, a partire dal piano
seminterrato, modulano il prospetto nella scansione verticale. Fanno da
contrappunto a questa sequenza ritmica due pieni al piano terra ed una loggetta
al piano primo in direzione est.
A
est ed ovest la massa muraria è alleggerita da porte e finestre di diversa
misura - sempre rispondenti al modulo - e da una piccola loggia, disposte in
funzione delle esigenze interne.
Il
prospetto sud infine è il risultato di una felice orchestrazione materica.
Articolato sui due livelli (più quello seminterrato) dall’arretramento della
facciata che crea potenti effetti di ombra-luce, è realizzato per favorire al
massimo delle potenzialità il soleggiamento interno.
I
materiali e le tecniche usate sono: il calcestruzzo armato per le strutture, il
muro di vetrocemento (distribuito totalmente al piano seminterrato, quasi
totalmente al piano terra e solo in piccola parte nel piano primo in direzione
est), il muro in grigliato di mattoni (usato a misura del solarium nel primo
piano), il muro intonacato (usato con parsimonia sia al piano terra all’estremo
margine est del prospetto, che al piano primo a limitare il reparto di degenza)
e la finestra a nastro (usata al piano terra per favorire l’affaccio verso
l’esterno e al primo piano in direzione del piccolo reparto di degenza).
È
proprio in questa dialettica composita del prospetto sud che si evince al
massimo grado la capacità progettuale di Gardella di affiancare –
sincronicamente - tecniche, materiali
e linguaggi eterogenei.
Il muro in grigliato di mattoni infatti, tema
costruttivo antico e tipico degli aereatori dei fienili padani, dialoga con
estrema efficacia con la finestra a nastro e il vetrocemento, propaggini
linguistiche dell’ultima moda di quegli anni.
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