13 mar 2009

L'architettura di Neil Denari: leggera, fluida e futuribile.














(testo di Maurizio Zappalà)
Pur non avvezzo e cattivo maneggiatore della “penna”, su invito, scrivo di Neil Denari, architetto americano. E premetto che lo faccio da voyeur-architetto e non da critico dell’architettura, perché non faccio questo mestiere! Allora la cosa nasce, brevemente, così. Stimolato e stimolante, nel blog che mi ospita, Architettura Catania, sono ultimamente passati, tra gli altri, gli UNStudio e W. Massie ma anche Scott Allen e Mutsue Hayakusa. Entra a pieno titolo, in taglio anche Neil Denari, nato nel 1957 a Fort Worth, in Texas, con studi presso l'Università di Houston e di Harvard.

Sicuramente il collante che lega questi architetti, è, per quanto mi riguarda, una ricerca critica e spaziale sulle “Forme del futuro” o meglio, la capacità di sperimentare e “realizzare” (cosa da non poco!) nuove forme d’architettura urbana! Normale amministrazione, per chi crede nel fare e non mena conservatorismo da due soldi! In linea con la comunità creativa internazionale d’artisti, architetti, designers, stilisti, businessmen, eccetera. Ora, sono stato colpito dal lavoro di Denari perché oltre ad essere contemporaneo e futuribile, è “palafitticolo-dinamico”. Che non è un ossimoro ma semplicemente un mix tra il tentativo d’essere leggero sui trampoli e fluido nello spazio! Certo la sua esperienza nelle tecniche formali del settore specifico (aerospaziale) e dei materiali nuovi costruttivi, in commistione con la morfologia urbana e il fashion design, senza tralasciare l’esperienza nipponica, lo hanno molto aiutato. Tutto ciò dà alla sua produzione un sapore originale e ricco di spunti che affascina e intriga, soprattutto nei particolari delle sue “soluzioni”. Denari amplifica la voglia di abitare nella nuova casa “modular”! No, nel senso di Modulor lecorbuseriano e quindi d’aurea-ripetibilità ma soprattutto dinamico e se volete liquido, nel senso di essere coinvolti nello spazio-materia-tempo. A mio parere, Denari stuzzica e lancia un’idea d’abitazione del “maritorio”. Un tema a me caro e descritto bene da Tino Vittorio (prof. di storia contemporanea a scienze politiche - Catania) in Il maritorio, (Il Mediterraneo e il caso della portualità di Catania) che né fa “l’altro da se” “delle città d’acqua lacustre, potamica, talattica, oceanica, attorno alle waterfrontcities”, alla “liquidità urbana” che può legittimamente confondersi con la liquidità spaziale. Ciò può accostarsi alla modernità della liquefazione informatica, alliquid room, alla e-topia della nuova architettura di Toyo Ito o del modello di “caos ciclonico urbano”, descritto in Tokyo-to, di Livio Sacchi, all’etero-topia degli insediamenti di frontiera, dell’edificato tra terra ed acqua. La città e il mare, quindi. La città e la sua essenza, la sua entelechia fondata sul suo archè, dove l’entelechia è la sua origine destinale (o il suo destino inscritto nel modo della nascita) e il suo archè è l’elemento primo, l’acqua. Ed è l’acqua come dice Giacomo C. Pellegrini, Mediterranean cities, in Mediterranean Geografies, a caratterizzarne il profilo con dei «sea-going links […] so strong […] that, despite the differences in lifestyles to be found in the different cities, there are not great differences between coastal cities which are close to one another ». Quindi Denari, pur lavorando da un’altra parte del mondo, lancia riferimenti e tensioni che sono anche nostri. Che la globalizzazione voglia significare anche questo?! Penso che Denari non s’immagini neppure che uno “sconosciuto” come me, lo guardi con attenzione e rispetto! E si riconosca nel pensiero e azione! E che la sua architettura sia pretesto per dialogare di terra e mare. O forse, un tantino, lui lo sa e lavora in questa direzione? Senza farglielo sapere, metterei sempre un liquido sotto i suoi progetti. Questi, galleggerebbero ma anche sott’acqua non avrebbero alcun problema! Per il resto, le immagini si commentano da sole e le realizzazioni, soprattutto, non tradiscono i progetti!

Testo ed immagini forniti da Maurizio Zappalà



































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