19 ott 2009
Italia? No grazie. Artisti in fuga
La notizia della selezione per l'assegnazione del Decimo Premio Cairo ( 20 ottobre a MILANO ), riservato a giovani sotto i quaranta anni , all'artista palermitano Francesco Simeti , che vive a NEW YORK , mi fa venire in mente il fenomeno dei cervelli in fuga dall' Italia che si ripete anche per l'ARTE.
Provate per esempio a dare un'occhiata alla biografia di un artista visivo:
( clicca sul titolo )
la parte più divertente è quella in cui si legge dove vivono e lavorano. Mai una volta che abitassero in una sola città! Sempre tra Roma e New York, Milano e Berlino, Monopoli e Dubai. La città straniera c'è sempre. Salvo poi scoprire, a volte, che è stata visitata solo per vacanza.
Da decenni capitale dell'arte contemporanea, New York City continua ad essere meta ambitissima da tutti coloro che vogliono un posto nel paradiso dell'arte. E lo stesso concetto lo ribadisce Federico Solmi, che - da quando aveva 25 anni - vive nella città americana. Partito da Bologna con l'idea di diventare un artista, per anni ha lavorato duramente, ma con ottimi risultati. Piuttosto famoso all'estero, Solmi ha una vena, giustamente, polemica, quando si riferisce all'Italia e al suo star system. È convinto che ciò che ha fatto negli States è impossibile in Italia: «Purtroppo per molte cose è ancora provinciale, ci sono tanti raccomandati e poca meritocrazia». New York per lui è stata una finestra sul mondo: con oltre 500 gallerie e un via vai di gente "importante", difficile rimanere nell'oblio se si è bravi. « Le mie fortune sono state due: il fatto di essere molto determinato, e l'aver incontrato mia moglie, che, da americana, mi ha aiutato a vivere qui, a concentrarmi, ad avere una vita normale».
Con meno entusiasmo verso la New York di oggi, ma comunque con la stessa consapevolezza di vivere nel luogo in cui quello che vale è soprattuto il mercato dell'arte, è il siciliano Francesco Simeti. Certo «l'America, se paragonata all'Italia – dice- è comunque un paradiso». Simeti lavora con gallerie italiane (Minini e Pantaleone), e non ha nessuna intenzione di tornare nel Belpaese.
Ma se non tutti gli artisti decidono di lasciare definitivamente l'Italia, molti provano almeno a vedere come si lavora all'estero. Grazie a corsi, a borse di studio, a concorsi. Luana Perilli, ventiseienne artista romana, per esempio, è per la seconda volta a Parigi, con una borsa di studio della Fondazione Incontri Internazionali d'Arte di Graziella Lonardi. Una esperienza importante, nella quale poter incontrare persone, artisti di molte nazionalità, curatori. La possibilità dunque di confrontarsi, ma anche purtroppo, di vedere e di constatare da parte delle istituzioni straniere un «maggior rigore nel seguire gli artisti e soprattutto minore approssimazione». Come a dire, che solamente in Italia c'è così poca considerazione per i propri artisti, e di contro una estenuante e ormai quasi inutile esterofilia .
nella foto Francesco Simeti Rubble, 2007 Installation view at Francesca Minini Courtesy Francesca Minini, Milan
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1 commento:
Caro Walter, hai toccato un problema molto vivo. Però non sono convinto che sia esterofilia, o esteropatia il problema. Il problema è che di anno in anno i vari ministeri dell'istruzione e dei beni culturali hanno continuamente tagliato fondi, e quindi premi, e quindi alloggi, e quindi formazione, per i liberi artisti, che logicamente cercano, e trovano, la propria formazione altrove. Ovviamente per noi architetti, essendo liberi professionisti, e non "liberi pensatori", vivono solo di riflesso questa condizione, perché in finale il lavoro per noi in qualche modo c'è (anche se poco e mal retribuito). La viviamo di riflesso come? Con una vita culturale più blanda, con commesse meno interessanti, con una sensibilità meno sottile...
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