16 gen 2013
Daniel Libeskind a tutto campo. Sala gremita a Palazzo Barberini per la lezione magistrale dell’archistar di fama internazionale. E’ suo il progetto del secolo: ricostruire Ground Zero a New York. Un’impresa collettiva che coinvolge politica, società, tecnici, e muove l’anima: “Senza connessioni con il mio spirito un'idea progettuale non potrebbe durare oltre un paio di anni. L’architettura è un linguaggio, ogni edificio anche il più banale racconta una storia. È un’arte civica che riguarda tutti noi, un’arte della memoria, la madre delle muse”.
Libeskind, polacco di nascita e cittadino del mondo, ha scelto di vivere a New York. Ricorda ancora la commozione al primo avvistamento della Statua della Libertà: “Non è solo un simbolo, ha il potere di dirti che sei arrivato in un posto dove puoi essere libero. La mia Freedom Tower è la libertà. Il progetto di Ground Zero è basato sulla mia esperienza di newyorchese e di ebreo. Non è un esercizio accademico, perché tutti siamo sopravvissuti all’Olocausto e a Ground Zero”.
Protagonista della rassegna Il Gioco Serio dell’Arte - ideata da Massimiliano Finazzer Flory in collaborazione con Il Gioco del Lotto–Lottomatica – Libeskind è incontenibile nella voglia di condividere le ragioni più profonde del suo lavoro.
“E’ il disegno che dà spessore e senso all'architettura. Anche quando non progettavo edifici, disegnavo città immaginando come potessero essere, ispirato dalla musica. Disegnare per me è come comporre armonie che hanno un impatto sull’anima. L’architettura? E’ un’arte spirituale: l’acciaio, il cemento, il vetro hanno il potere di conformare l'animo umano. Lo spirito è qualcosa che considero dentro le mie opere”.
Contrappunto, Diversità, Luce, Dialogo, Trauma, Rinascita: l’essenza di ognuno dei suoi edifici-simbolo si può manifestare evocando una sola parola.
“Viviamo in un mondo globale ma ogni luogo è irripetibile, ha un potere, un destino, possiede un genius loci che non si può sostituire con nulla, può essere solo innalzato. Questa è l’unicità dell’Italia, un luogo che ha dato cultura al mondo. A Pechino, ogni edificio alla moda mi fa pensare: somiglia all’Italia”.
Il racconto delle imprese architettoniche è scandito da parole chiave. Per il progetto di Milano il concetto è Heritage, Patrimonio. Il riferimento diretto è a Leonardo, “un genio del futuro”, e alla bellezza custodita nel cuore della città.
Oggi che la maggior parte delle nuove strutture viene creata con il sistema CAD, è tempo di tessere l’elogio del disegno manuale: “I miei primi edifici li ho disegnati su carta, ad esempio il Museo Ebraico di Berlino. Questa scelta ha rallentato il senso della realtà, ci ha consentito di riflettere. Lo slow food insegna. Altrimenti la creazione del progetto diventa un processo di assemblaggio. L’architettura invece deve restare umana. Sono convinto che tutti siamo in nuce dei piccoli artisti”. Insomma, bisogna metterci il cuore e anche il coraggio. “Ogni progetto è un rischio. Ma in tutte le arti si tratta di assumere dei rischi. Il capolavoro è tale perché è andato al di là dei limiti e si è assunto dei rischi. La storia dell'architettura è la cultura del rischio: per questo amo anche gli edifici che non sono venuti bene”.
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