La Villa del Casale di Piazza Armerina e’ un opera emblematica sulle difficolta’ che possono emergere quando si vuole restaurare un sito archeologico, come si puo’ coniugare un intervento moderno con’opera antica?.
Proprio su questo tema nel corso degli anni si sono succeduti dibatti e lotte su come fosse giusto intervenire, basta riassumere le vicende relative alla scoperta della villa per rendersi conto della complessita’ che ha assunto l’operazione di restauro del sito.
Oggi e’ in atto un aspro dibattito tra i sostenitori della conservazione dell’opera di restauro dell’architetto Minissi e Vittorio Sgarbi, Coordinatore Generale per i restauri della Villa, che invece propone un rifacimento delle coperture minissiane ritenendo quest’ultime non solo obsolete ma anche dannose alla conservazione stessa dei mosaici romani
Il tema del rifacimento dell’antica volumetria sorse gia’ negli anni 50. In quegli anni vengono presentati al Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti i rilievi, la relazione ed il progetto di massima realizzati dall'architetto Italo Gismondi in cui si prevede la ricostruzione delle murature dei vari ambienti fino alla quota di imposta delle coperture, che egli propone di realizzare "in tegole di vetro sostenute da armature in ferro a due o più spioventi o in piano, imitanti le forme delle vecchie coperture. In vetro sono progettate anche alcune pareti e la chiusura degli intercolumni del peristilio".
Nel 1955 il Ministero della Pubblica Istruzione dopo aver esaminato il progetto dell'arch. Italo Gismondi afferma che "è necessario evitare qualsiasi struttura che possa trarre in inganno circa la sua autenticità e che si dovrebbero prevedere, per le coperture trasparenti, degli appoggi leggeri e moderni da adattarsi ai diversi livelli". Propone inoltre che "in alcuni vani, alla chiusura in vetro, si alterni quella con lastre di eternit" e che "bisognerebbe comunque tenere in considerazione altre proposte audaci che l'uso di materiali moderni renderebbe realizzabili come la copertura diretta dei mosaici con lastre di cristallo aderenti ai mosaici stessi".
Nel 1956 il Consiglio Superiore della Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione decide di bandire un "Concorso a inviti" per la redazione del "Progetto per la protezione dei Mosaici Romani" a cui partecipano Pier Luigi Nervi, Aldo Grillo, Roberto Calandra e Franco Minissi, ma solo quest’ultimo consegnera’ gli elaborati nei tempi previsti dal bando. Successivamente Cesare Brandi riceve la nomina di consulente per i lavori di restauro.
Nel 1958 il progetto di Minissi e Brandi veniva definitivamente approvato.
Nei decenni successivi, tuttavia, l’opera di Minissi veniva stravolta, poiche’ venivano demoliti i controsoffitti e sostituite le persiane laterali, che permettevano il ricircolo dell’aria, con lastre di vetro intere.
Nel 2004 per far fronte al degrado della Villa Romana, la Regione Sicilia nomina Sgarbi, Alto Commissario per i restauri, questi incarica gli architetti Lucio Trizzino e Mario Bellini, i quali progettano una enorme cupola in acciaio e vetro di 160 metri di diametro alta 40 metri, per sostituire le coperture attuali.
Questa ipotesi e’ aspramente rigettata dal mondo accademico e nei fatti irrealizzabile cosi’ nello stesso anno Sgarbi affida l'incarico all'architetto Guido Canali, che ripropone la copertura di Minissi realizzandola però con un sistema costruttivo modulare rivestito da pannelli di alluminio intonacati, ma anche questa ipotesi risulta un flop.
A questo punto si ritenta la strada del concorso di progettazione e qui viene fuori la proposta dell’architetto Guido Meli che prevede una copertura lignea, protetta da un manto di rame, nonché la ricostruzione dei muri d' ambito dell'intera villa con pannelli perimetrali in cartongesso intonacati in cocciopesto.
Nel 2006 l'Assessorato Regionale ai Lavori Pubblici approva il progetto da 18 milioni dell'Arch. Guido Meli.
A questo punto qualunque scelta si faccia, penso che essa debba partire dall’assunto che bisogna comunque intervenire, prima che non resti piu’ nulla dei mosaici.
A sostegno delle nuove coperture ci sono anche studi che dimostrano che quelle di Minissi non rispettavano le originali volumetrie, come si puo’ evincere nel plastico presentato al Salone del Restauro di Ferrara.
Lo stesso Sgarbi da un lato apprezza l’opera di Minissi nella sua relazione sui nuovi interventi previsti, dall’altro afferma che “Occorre però anche riconoscere che, indipendentemente dal suo naturale deterioramento la Copertura progettata da Minissi non riesce ad evocare in modo significativo la volumetria originaria che risulta anzi scarsamente leggibile sia dall'esterno che dall'interno. Essa costituire un elemento di fortissimo disturbo nel peristilio, dove la quota è vistosamente difforme dall'originale (la copertura poggia direttamente sui capitelli senza lo spazio per la trabeazione) e dove l' aggiunta di una scossalina in vetroresina siliconata alla pietra "taglia" le colonne separando lo stilobate dal fusto; è visivamente di disturbo laddove prosegue murature curvilinee vetrate piane; e comporta una quantità di elementi strutturali disomogenei che conferiscono un aspetto estetico complessivo confuso e insoddisfacente”
Forse come sostiene il prof. Bellanca (allievo di Minissi) sarebbe bastato riproporre l’idea di Minissi, con nuovi materiali e nuove tecnologie per evitare l’effetto serra e mantenere al contempo la trasparenza che oggi permette ai visitatori di apprezzare il paesaggio circostante o forse e’ meglio ripristinare le originali condizioni di luci all’interno della Villa, in ogni caso dall’alluvione del 1991 si e’ perso troppo tempo.