24 apr 2009

11 x 11 - prima intervista: DAVIDE CAMMARATA

Spazi Contemporanei ha ideato un'intervista multipla con 11 domande a cui risponderanno 11 architetti siciliani che vivono e lavorano in sicilia od hanno vissuto realta' lavorative all'estero. Vi propongo la prima intervista, all'Arch. Davide Cammarata, che farà parte dell'Evento del 23 Maggio 09 alle Ciminiere a Catania con l’obiettivo di promuovere il dibattito circa la diffusione e la promozione della cultura architettonica contemporanea in Sicilia.

1. Spesso si fa una gran confusione nel definire il lasso di tempo che racchiude le opere di architettura “contemporanea”. La Storia contemporanea è il periodo storico che parte dal Congresso di Vienna ad oggi (193 anni). L’Arte contemporanea si riferisce all’arte creata nel presente ed include generalmente tutta l’arte creata dalla fine degli anni sessanta del XX secolo fino ai giorni nostri (circa 40 anni). La Musica contemporanea è quella composta nel XX e nel XXI secolo. Il Teatro contemporaneo è quello che si è sviluppato in un periodo compreso tra gli inizi del Novecento e i giorni nostri (circa 30 anni). Qual è, a tuo parere, l’intervallo temporale corretto che definisce l’architettura contemporanea?

Contemporaneo è qualcosa che senti vicino, che ti siede accanto e di cui avverti la presenza, adesso. È tutto ciò che non ti respinge, che non ti allontana, che ti rafforza e tenta delle risposte. È ciò che genera tracce di serenità. È l’essenzialità. È l’ospitalità. È il senso della dimensione e il rifiuto del superfluo. Le pietre prive di pensiero sono anime morte, non fanno l’architettura.
Io non so quale potrebbe essere l’arco temporale corretto in cui collocare l’architettura contemporanea e aspetto con pazienza che un bravo storico me lo dica. Nel frattempo mi auguro che gli architetti lavorino senza pensare troppo alla loro “storia” rendendo cosi un buon servizio all’architettura.

2. Per una buona riuscita di opera ci vuole un buon architetto, un committente illuminato e una buona impresa. Per l’esperienza che tu hai potuto maturare all’estero, puoi indicare che peso hanno questi 3 fattori nella realizzazione di un’opera?

Personalmente non ho vissuto alcuna esperienza professionale all’estero ma ritengo che ognuno di queste componenti sia fondamentale per la buona riuscita del progetto di architettura sia all’estero che in Italia. Aggiungerei all’elenco una sottocategoria della voce committente: classe dirigente adeguata.

3. Riguardo l’architettura contemporanea, l’Italia negli ultimi anni sta tentando di recuperare il grosso divario con gli altri stati europei e lo sta facendo lentamente. Una importante tappa a livello nazionale è stata l’avvio del P.A.R.C. “Direzione Generale per la qualità e la tutela del paesaggio, della qualità del progetto e dell’opera architettonica e urbanistica”. La Sicilia ha recepito le direttive ministeriali con l’istituzione del D.A.R.C. Sicilia e ad oggi l’attività del Dipartimento per l’Architettura e l’Arte Contemporanea rappresenta un punto di riferimento per tutti i professionisti e gli enti che operano nel settore avendo già all’attivo il patrocinio di ben 12 concorsi internazionali entro il 2009. Qual è il tuo parere sull’attività del D.A.R.C. e sui possibili cambiamenti e i contributi che la sua istituzione potrà apportare nella cultura isolana riguardo l’architettura contemporanea?

Qualsiasi forma di “associazionismo” che si pone come obiettivo la divulgazione del sapere e della conoscenza, rappresenta ovviamente un fatto positivo. Di certo non mancano coscienze da sensibilizzare e, più se ne sensibilizzano, più contemporanei si diventa altrimenti si rischia di vivere un’altra epoca senza averne, per l’appunto, coscienza.
Non credo alla equazione: tanti concorsi uguale qualità architettonica. Non basta finanziarli (i concorsi). Bisogna fare in modo che siano trasparenti, ben strutturati, bisogna rispettarne gli esiti dando seguito alla costruzione del progetto vincitore. Servono competenze ed onestà nelle fondazioni e negli uffici tecnici. Sembrano cose impensabili. Cosi come sembra impensabile una forma di associazionismo, passatemi il termine, “militante”. Nel senso che se qualcuno o qualcosa vuole essere punto di riferimento di una categoria (brutto termine che non comprende la vocazione all’architettura) dovrebbe esercitare maggiore incisività nei confronti di quegli apparati che, in nome di una presunta salvaguardia del territorio, determinano i criteri costruttivi dominanti, trasformando ogni velleità compositiva in pessima edilizia.
La realizzazione di un’architettura, contemporanea, si imbriglia tra le maglie della burocrazia applicata e bisogna dotarsi di molta pazienza fin dall’inizio cioè fin da quando, ingenuamente, si richiede il rilascio della concessione edilizia e dei nulla osta relativi (sanitario, soprintendenza, forestale,…….). Chiedo scusa se parlo di cose esteticamente sgradevoli ma, queste sgradevoli cose, incidono sulla divulgazione della nostra architettura contemporanea, sul rinnovamento e sulla sopravvivenza. Normalmente, le autorizzazioni di rito recitano a memoria lo stesso “canto” che più o meno fa cosi: l’intonaco dovrà essere di colore ocra perchè è il colore delle terre, i muretti (forme di timidezza linguistica) che delimitano il lotto non devono essere più alti di 50 cm sormontati da recinzione metallica e realizzati in pietra locale (opus incertum), il tetto sarà a falde con manto di coppi siciliani . E poi ancora: il portico deve essere rigorosamente in legno, gli aggetti dotati di buon senso. Potrei continuare ma ogni velleità sarà severamente punita con gli strumenti consentiti dalla legge.
Come faccio a spiegare che il portico non è “intenzione” di abusivismo ma è una pausa? Come si misura la pausa in architettura? Come si spiega la continuità tra uno spazio interno ed uno esterno, il vuoto, l’intimità e l’universo semantico che l’architettura è capace di generare senza provocare allarmismo e derisione?

Dicevamo………. Ah si , l’architettura contemporanea…….

4. Qual’è l’esperienza che ha lasciato un segno indelebile nel tuo modo di progettare?

Mi occupavo da parecchi mesi del progetto di ristrutturazione di una casa unifamiliare e cercavo di fare del mio meglio, lo giuro. Tanta fatica per trasformare quella casa in qualcosa di simile ad una architettura. Sedute pedagogiche interminabili sul perché eliminare un cornicione superfluo, sulla purezza delle forme e quant’altro un architetto può dire al committente sotto effetto dell’architettura. Ad un certo punto, durante l’ ennesimo incontro, la signora mi ha chiesto: “dove metto la pettiniera?” Ecco, questa è stata un’esperienza che mi ha lasciato senz’altro un segno indelebile.

5. Quali sono gli aspetti che ritieni i più positivi ed i più negativi dell’architettura contemporanea?

Ogni buona costruzione produce “benessere”. Migliora e semplifica la vita dell’uomo nel suo naturale scorrere. L’aspetto negativo è il ricorso alla spettacolarizzazione esasperata, è la ricerca di originalità a tutti i costi, del resto, l’essenziale vuole una dimensione, il superfluo la rifiuta.

6. L’architettura, al di là delle componenti artistiche, filosofiche e culturali, è anche un servizio professionale che viene reso ad un committente pubblico o privato in regime di mercato a seconda della “domanda” e dell’ ”offerta” del servizio stesso. Ritieni che la scarsa diffusione della cultura architettonica contemporanea in Sicilia e in altre parti d’Europa sia causata dalla mancanza di una “domanda consapevole” circa i necessari requisiti di contemporaneità di un’opera nuova?

Il “mercato” o meglio le persone che richiedono le prestazioni professionali di un architetto non richiedono conoscenze, vogliono ricette. Immaginano la propria casa addobbata come la scenografia di “domenica in” e arredata in stile love-boat. Il benessere economico e le lauree da raccolta punti hanno prodotto questa confusione generalizzata che comprende anche gli architetti. Dalle mie parti se dici che sei di Milano sei un architetto bravo e se, per disgrazia, non dovessi esserlo puoi sempre darti una ripulita scrivendo sul bigliettino da visita: laureato a Venezia. “Giù al nord”, invece, il committente è un po’ più fighetto, più informato, frequenta qualche amico mobiliere dove trascorre i pomeriggi a discutere di donne e design. E’ un uomo navigato insomma, capace di conversare con un buon vino tra le mani o meglio, con lo stelo del calice tra il pollice e l’indice, perché Michele lo gira e lo rigira quel bicchiere: gusto chiaro, gusto pulito, ma…. è glen grant. No. È ubriaco prima di bere. E la sua casa?. È uguale allo show-room e lo show-room è uguale alla sua casa.

7. Conoscendo la realtà siciliana ed in particolare di una delle città che conosci meglio, quale opera di architettura potrebbe risultare fondamentale per lo sviluppo del territorio?

Le città, compresa quella che provo ad abitare con risultati pessimi, non hanno bisogno di funambolismi architettonici, di originalità a tutti i costi ma di sana normalità. Le emergenze sono le periferie, sempre più spazi degradati e privi di ogni basilare principio di civiltà architettonica. Servono gesti capaci di dare riparo alle complicazioni della vita. In fondo questo, credo, sia un modo per avvicinarsi all’architettura.

8. Qual’è la principale differenza nell’organizzazione del lavoro all’interno dello studio professionale in cui operi rispetto a quella che si ha in Sicilia? (se l’intervistato opera all’estero)
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9. Nella realizzazione di un’opera, grande importanza viene data all’effettiva esecutività del progetto; ritieni che l’Italia e la Sicilia in particolare siano ancora indietro rispetto agli standard qualitativi europei riguardo la qualità media dei progetti?

Gli standard europei sembrano alti. In ogni caso voglio pensarlo. Per giudicare i nostri standard o l’importanza che il nostro paese attribuisce all’architettura, basta osservare lo stato dell’arte di una qualsiasi opera pubblica, non dopo qualche anno di uso e consumo dell’oggetto architettonico, sarebbe già un evento, ma all’indomani della consegna dei lavori. Questo banale esercizio restituisce la misura della nostra arretratezza rispetto una normale città europea. L’architettura in Italia non è consenso.

10. L’avvento di internet ha reso di facile visione e diffusione le immagini dei progetti e delle opere costruite. Ritieni che il fascino e la seduzione visiva delle rappresentazioni grafiche ottenute con l’uso degli strumenti di visualizzazione digitale abbia in qualche modo condizionato i criteri progettuali e le tendenze compositive?

La rapidità di scambio delle informazioni che oggi permette internet è straordinaria. Cosi come l’ansia del voler apparire, del voler dire per forza delle cose, del mettersi in mostra con linguaggi forbiti, ironici. Il web accoglie tutte queste istanze. Tutti hanno da dire e da far vedere qualcosa. Nessuno ascolta più. La rivoluzione digitale, informatica, chiamiamola come vogliamo, in quanto rivoluzione impatta sulle abitudini consolidate determinando scompigli ed entusiasmi. È l’era del possibile e di una nuova libertà di indagine architettonica. Le opere di Gehry e poi di tanti altri, non sarebbero potute esistere se non in questa epoca, ma l’architetto del museo di Bilbao, pare,non sappia accendere il computer preferendo le forbici al mouse.

11. Si ritiene che lo strumento del concorso di idee sia utile per la diffusione del principio di qualità e di trasparenza di un opera architettonica pubblica. Sei d’accordo con questa affermazione e ritieni che il livello di equità di giudizio offerto dalle commissioni giudicatrici sia mediamente accettabile?

Lo strumento del concorso di idee in Italia, almeno in buona parte dei casi, non garantisce trasparenza e qualità. Credo che le appartenenze, le cordate universitarie, gli amici degli amici non rappresentino una pagina triste consegnata alla storia di questo paese ma la triste attualità. Mi pare superfluo parlare dello stato dell’università in Italia: televisione e giornali ci informano di continuo sul suo pessimo stato di salute. Il crimine maggiore che un Paese, cosiddetto civile, può commettere è privarti della speranza.

Arch. Davide Cammarata

Laureato in architettura nel 1996, Palermo.

Dal 1998 lavora a Palermo con l’architetto Giuseppe Giovanni Carpintieri.
Collaboratore per l’anno accademico 2006/2007 nei laboratori di progettazione 1 e 2 nel corso di laurea in Scienze dell’architettura, Università degli studi Kore di Enna
Dal 2007 svolge attività professionale con il gruppo itaca architetti associati di Caltanissetta partecipando a diversi concorsi di progettazione nazionali ed internazionali.
3° classificato al concorso: premio expà Siciliarchitettura 2006.
Nel 2007 riceve il premio Quadranti di architettura per la valorizzazione dell’architettura contemporanea in Sicilia, concorso organizzato dal Comune di Pedara (CT). Nello stesso anno partecipa alla rassegna Sicilia – Olanda, con una mostra allestita presso la galleria delle “Ciminiere” di Catania
Nel 2008 è selezionato alla biennale giovani architetti italiani, rizoma, Pontedera (PI)
Ha partecipato a diverse mostre collettive: con la rassegna siciliarchitettura al museo villa Fortuna di Acitrezza (CT), galleria “SESV” a Firenze, italian style di Chicago; mostra in occasione del premio Pasquale Culotta presso l’ex deposito delle locomotive S.Erasmo di Palermo, con itaca architetti associati per la rassegna: Italy now, ETH, Zurigo.

link:

Sito ufficiale dell'evento "11 domande x 11 architetti"

Sito dell'evento 11x11 su Facebook


4 commenti:

maurizio zappalà ha detto...

Trattasi di Cammarata o Spampinato?
Scusate ma non ho capito bene...!

Eleonora Butera ha detto...

thanks!!!!!

maurizio zappalà ha detto...

De nada! Allora, leggiamo le risposte/pensieri dell'arch. Davide Cammarata (è il suo turno! ) che vive (gran coraggio per un giovane!) e lavora (buon per lui!) in Sicilia e non ha avuto esperienze professionali all'estero! Bene mi fa piacere questa iniziativa che magari darà “lustro” ai vituperati “giovani autoctoni architetti” e un po’ fuori dall’altrettanta “giovane critica architettonica” dei “blogghisti”, degli antropoarchitetti senza book di progetti architettonici o ancora di quei "Clubs della nouvelle critique" che se non ci appartieni non ti salutano perché sono distratti o non ti vedono perché sono miopi! A proposito non sarebbe male dare indicazione (visiva) dei lavori degli intervistati così tanto per ricordare che gli architetti non sparano soltanto “giovani parole di architettura contemporanea”! Però, ripendandoci, se non ce l’hanno loro, "l’areaurea" dell’architettura contemporanea, chi altro? Non so voi ma inizia a starmi stretta quest’altra moda dell’antiarchistar, del tifo per l’archishit, per l’architetto degli esclusi, dei clandestini (ma come si fa una casa per un clandestino la cui “abitazione” è una tana, un luogo nascosto, una serie di caverne da nomade?).Insomma si insidia sempre più l’architomato (l’architetto del pomodoro e della melanzana), l’eco architetto, il riciclarchitetto e l’architetto a responsabilità sociale illimitata! Tutti, ora, abbiamo scoperto “l’architettura delle bidonville”, “l’architettura delle banlieues”, “l’architettura del gecekondu”, turco (vaccarizzo etneo o lo zen palermitano!). Insomma di città non se ne parla! E certo per quante forbite e intelligenti domande ad un “giovane architetto” si possano fare, tranne sapere il “tic” di Nouvel o di Eisenman o che “lineliner” usa la Zaha, o che area tira alla Kore che fa scic, credo, non sapremo di più! Per carpire l’archè di un “maestro” non basta una vita! Nel senso che la nuova generazione è sempre stata oggetto del fuoco di sbarramento della vecchia alla cui benevolenza i giovani non si possono raccomandare. L'agnello si raccomanda al lupo? I “vecchi” non sono benevolenti. I giovani si debbono muovere corazzati come una portaerei e leggeri come una farfalla. Baci (o pugni). Baci se siamo coetanei, pugni se uno è giovane e l'altro è vecchio. Insomma continuiamo a farci del male! Io le domande le andrei a fare a 11 Imprenditori della “muratura” che si rivolgono a “scarsi” professionisti o a 11 Politici che se vedono l’Expò di Lisbona dicono da noi “non si può fare”! Insomma piace sempre più la retorica dell’architettura meglio se contemporanea! Mi sembra tutto un salotto! Per dirla alla Cammarata cosa prendi un Glen Grant o Jack Daniel’s?

Giovanni D'Amico ha detto...

Colgo i buoni suggerimenti, e medito sul resto, per vedere alcune opere degli 11 architetti, si puo' visionare il costruendo sito dell'evento all'indirizzo
www.undiperundici.wordpress.com.
Accogliamo il suggerimento per organizzare altro evento che coinvolga costruttori ed imprenditori.