18 mag 2009

11x11 - Ottava Intervista: FRANCESCO LIBRIZZI


Francesco Librizzi nasce nel 1977.
La sua formazione accademica alla Facoltà di Architettura di Palermo, si conclude a Milano con una tesi sviluppata con Paolo Rizzatto e Luceplan, sulla possibilità di sviluppare nuove tipologie di illuminazione per architettura.
Tra il 2004 e il 2005 collabora con Stefano Boeri ad alcuni progetti legati alla nuova sede del gruppo editoriale RCS e in particolare con Mario Piazza sul progetto di interni dei nuovi headquarters RCS a Milano.
Tra il 2005 e il 2007, dopo un articolo monografico a lui dedicato inizia una collaborazione con la rivista Domus.
Nel 2005 apre ufficialmente la sua attività professionale indipendente, uno studio di progettazione che si occupa di architettura, interni e design, sperimentando nuovi paradigmi del vivere contemporaneo.
I suoi lavori più significativi, alcuni interni privati, una scuola d’infanzia, la nuova facciata dell’Allianz Teatro, il padiglone esposisitivo per Iris ceramiche al Cersaie di Bologna, son stati pubblicati dalle principali riviste internazionali di architettura e design, sui più conosciuti magazine online (Dezeen, Europa Concorsi), ed esposte in tutto il mondo.
Attualmente insegna Interior Design alla NABA (Nuova Accademia di Belle Arti) di Milano, dove collabora alla direzione del Master Interior Design.
Tra I principali premi vinti nel 2008, il primo premio per la riqualificazione architettonica delle Corti di Baires a Milano, e il premio ex aequo per la prima edizione del Prix Hemile Hermes, concorso internazionale di design.

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INTERVISTA

1. Spesso si fa una gran confusione nel definire il lasso di tempo che racchiude le opere di architettura “contemporanea”. La Storia contemporanea è il periodo storico che parte dal Congresso di Vienna ad oggi (193 anni). L’Arte contemporanea si riferisce all’arte creata nel presente ed include generalmente tutta l’arte creata dalla fine degli anni sessanta del XX secolo fino ai giorni nostri (circa 40 anni). La Musica contemporanea è quella composta nel XX e nel XXI secolo. Il Teatro contemporaneo è quello che si è sviluppato in un periodo compreso tra gli inizi del Novecento e i giorni nostri (circa 30 anni). Qual è, a tuo parere, l’intervallo temporale corretto che definisce l’architettura contemporanea?

Contemporaneo è un termine relativo. Non può che riferirsi agli ultmi sviluppi leggibili dei fenomeni che ci circondano, allo “stato dell’arte” in ogni ambito. Credo che una parte della nostra contemporaneità sia cominciata con la messa in crisi del movimento moderno, sia passata attraverso l’architettura radicale e finalmente dopo la crisi post moderna e decostruttivista del linguaggio, adesso prova a trovare nuova sintesi. Ci siamo quasi, ma non ancora.

2. Per una buona riuscita di opera ci vuole un buon architetto, un committente illuminato e una buona impresa. Per l’esperienza che tu hai potuto maturare all’estero, puoi indicare che peso hanno questi 3 fattori nella realizzazione di un’opera?

L’impresa condiziona in maniera definitiva la realizzazione di un’opera. Quindi merita il primo posto. Senza degli esecutori eccezionali, innamorati del progetto , in grado di rendere esecutivo e infine realizzare nel dettaglio, nessuno dei miei progetti avrebbe potuto essere realizzato. Secondo posto all’architetto. Postazione di mezzo, in quanto il progettista è davvero un tramite. Il committente illuminato è un abbaglio tanto quanto il progettista genio. Un committente intelligente è gran parte del progetto, ma l’architetto esiste proprio in quanto il cliente non riesce da solo a mettere a fuoco né i suoi bisogni né soprattutto i suoi desideri. I miei clienti si sono sempre aspettati da me delle soluzioni, delle risposte a domande che non riuscivano a porsi con chiarezza. E’ questo il primo ruolo del progettista: provare a capire cosa davvero desidera il cliente, in che modo il progetto può davvero essere una risorsa inedita per il fruitore finale.

3. Riguardo l’architettura contemporanea, l’Italia negli ultimi anni sta tentando di recuperare il grosso divario con gli altri stati europei e lo sta facendo lentamente. Una importante tappa a livello nazionale è stata l’avvio del P.A.R.C. “Direzione Generale per la qualità e la tutela del paesaggio, della qualità del progetto e dell’opera architettonica e urbanistica”. La Sicilia ha recepito le direttive ministeriali con l’istituzione del D.A.R.C. Sicilia e ad oggi l’attività del Dipartimento per l’Architettura e l’Arte Contemporanea rappresenta un punto di riferimento per tutti i professionisti e gli enti che operano nel settore avendo già all’attivo il patrocinio di ben 12 concorsi internazionali entro il 2009. Qual è il tuo parere sull’attività del D.A.R.C. e sui possibili cambiamenti e i contributi che la sua istituzione potrà apportare nella cultura isolana riguardo l’architettura contemporanea?

Il Non mi aspetto che siano delle istituzioni a promuovere l’architettura. Una committenza privata è sempre più vicina a ciò che realmente accade: sente il mercato, è diretta espressione della cultura di un luogo, incarna una generazione e una classe. Le istituzioni più lentamente provano a creare ritratti di gruppo, cercano identità territoriali lavorando solo in “post produzione”.

4. Qual’è l’esperienza che ha lasciato un segno indelebile nel tuo modo di progettare?

Aver Il primo progetto che ho realizzato. Una casa di 50 mq a Milano. Una casa in cui ho anche vissuto per un periodo. In quel progetto sono stato radicale. Non ho ceduto su nessun fronte. Ho diegnato anche le pulsantiere per i comandi delle luci. Non ho accettato quasi alcuno standard, perché avevo bisogno di verificare ogni cosa, di vederla funzionare. Non una ossessione per il customized, ma piuttosto davvero un bisogno di risposte specifiche. Questo bisogno non mi lascia mai. Quando lo sento meno forte, capisco che sono stanco, o che sto perdendo di vista il mio obiettivo.

5. Quali sono gli aspetti che ritieni i più positivi ed i più negativi dell’architettura contemporanea?

Si sente in alcuni progetti un nuovo bisogno di misura e di forma.

Gli architetti riprenderanno ad amare e approfondire il proprio mestiere nello specifico ambito della disciplina: il progetto e la composizione di architettura. La mancanza di un linguaggio maturo potrebbe portare su posizioni conservative o neo post moderne.

6. L’architettura, al di là delle componenti artistiche, filosofiche e culturali, è anche un servizio professionale che viene reso ad un committente pubblico o privato in regime di mercato a seconda della “domanda” e dell’ ”offerta” del servizio stesso. Ritieni che la scarsa diffusione della cultura architettonica contemporanea in Sicilia e in altre parti d’Europa sia causata dalla mancanza di una “domanda consapevole” circa i necessari requisiti di contemporaneità di un’opera nuova?

No, la domanda non esiste. Esistono solo delle risposte convincenti.
Io nutro sempre più ammirazione per gli architetti che realizzano, non solo progettano, opere innovative. Se realizzi un’opera vuol dire che sei riuscito a inserirla nel corso della storia, che hai convinto chi ha pagato l’opera che quella fosse una soluzione possibile, e tra le possibili la migliore. Vuol dire anche che hai trovato degli esecutori in grado di amare e realizzare l’opera. Vuol dire infine che l’opera sarà giudicata da chi ne potrà fruire e potrà influenzare committenti e progettisti a venire.

7. Conoscendo la realtà siciliana ed in particolare di una delle città che conosci meglio, quale opera di architettura potrebbe risultare fondamentale per lo sviluppo del territorio?

Si parte sempre dalle case. Si finisce sempre nelle case. Il modo in cui viviamo influenza le nostre azioni, così come l’ambiente che ci circonda trasforma il nostro modo di vivere e il nostro paesaggio domestico. Credo quindi in una trasformazione intima e minuta, condizionata anche dagli oggetti che si toccano ogni mattina prima di uscire di casa. Le grandi opere pubbliche, senza una certa preparazione richiamo di venire assorbite con lentezza e spesso rimangono incomprese.

8. Qual’è la principale differenza nell’organizzazione del lavoro all’interno dello studio professionale in cui operi rispetto a quella che si ha in Sicilia? (se l’intervistato opera all’estero)

La vera differenza non è all’interno dello studio. La prima vera differenza è la rete di operatori e fornitori che un ambito territoriale sviluppato offre a un progettista. Io ogni giorno sono in contatto con fornitori eccellenti, in grado di interpretare le mie necessità con competenza specisalistica, in grado quindi di migliorare i miei “prodotti” tramite la loro sapienza.

9. Nella realizzazione di un’opera, grande importanza viene data all’effettiva esecutività del progetto; ritieni che l’Italia e la Sicilia in particolare siano ancora indietro rispetto agli standard qualitativi europei riguardo la qualità media dei progetti?
Ciò in cui la Sicilia è ancora indietro è il Desiderio di progetto.

10. L’avvento di internet ha reso di facile visione e diffusione le immagini dei progetti e delle opere costruite. Ritieni che il fascino e la seduzione visiva delle rappresentazioni grafiche ottenute con l’uso degli strumenti di visualizzazione digitale abbia in qualche modo condizionato i criteri progettuali e le tendenze compositive?

Sicuramente si è influenzati da ciò che si vede. Ogni progettista oggi dispone di un ampio repertorio di immagini di architettura fresca. Può essere un ottimo strumento. Certo la ricchezza di informazione può creare confusione, superficialità e quindi perdita di linguaggio. Può.

11. Si ritiene che lo strumento del concorso di idee sia utile per la diffusione del principio di qualità e di trasparenza di un opera architettonica pubblica. Sei d’accordo con questa affermazione e ritieni che il livello di equità di giudizio offerto dalle commissioni giudicatrici sia mediamente accettabile?

Credo sicuramente nell’efficacia del concorso di architettura, come strumento. I criteri di giudizio delle commissioni possono essere opinabili, ma sono nella maggior parte dei casi, seri.

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