16 mag 2009

11x11 - Sesta Intervista: ROBERTO FORTE


La sesta intervista riguarda: Roberto Forte.
Roberto dopo alcune esperienze nel campo della cooperazione internazionale, si laurea in architettura nel 2000 con una tesi sulla tutela e valorizzazione dell’area portuale di Catania. Il progetto, partendo da una approfondita indagine storica sulla città, ha come obiettivo la rivalutazione integrata di spazi urbani ed attrezzature pubbliche con destinazione a museo e polo universitario.
Dopo una breve esperienza presso una struttura professionale romana, si trasferisce in Germania dove collabora alla stesura del progetto per il Centro del Commercio Polacco a Berlino.
Dal febbraio del 2001 viene ingaggiato dallo Studio Daniel Libeskind dove, iniziando come model maker, assume presto il ruolo di project leader per un cinema multisala, una delle 4 principali sezioni del vasto centro commerciale WestSide di Berna.
Nell’aprile del 2003 si trasferisce in Australia dove inizia una breve e proficua collaborazione con un giovane studio locale sviluppando progetti residenziali e turistici.
Rientrato in Italia nel settembre del 2003 lavora sia in proprio sia in collaborazione con diversi studi professionali.
Nel dicembre del 2003 viene invitato e partecipa ad una consultazione internazionale per la ricostruzione della stazione turistica Etna Nord distrutta dall’eruzione del 2002. La proposta ottiene una menzione d’onore.
Da Maggio 2004 è partner fondatore di ZERO Architetti. Vincitori nel 2006 del Concorso Europeo di progettazione “Piazze Botaniche – recupero di cinque piazze a Catania”, con la proposta per piazza San Leone. Il team si è anche classificato al terzo posto per il progetto di piazza Spirito Santo e al quarto per Piazza Montessori. Recentemente lo studio ha conseguito una menzione d’onore con il progetto per il concorso “Centro Televisivo Sperimentale e Didattico-Culturale, Reggio Calabria”.

Per leggere l'intervista clicca sul Titolo

LINK dell'Evento del 23 maggio 2009:
http://undiciperundici.wordpress.com/

INTERVISTA

1. Spesso si fa una gran confusione nel definire il lasso di tempo che racchiude le opere di architettura “contemporanea”. La Storia contemporanea è il periodo storico che parte dal Congresso di Vienna ad oggi (193 anni). L’Arte contemporanea si riferisce all’arte creata nel presente ed include generalmente tutta l’arte creata dalla fine degli anni sessanta del XX secolo fino ai giorni nostri (circa 40 anni). La Musica contemporanea è quella composta nel XX e nel XXI secolo. Il Teatro contemporaneo è quello che si è sviluppato in un periodo compreso tra gli inizi del Novecento e i giorni nostri (circa 30 anni). Qual è, a tuo parere, l’intervallo temporale corretto che definisce l’architettura contemporanea?
Credo che la contemporaneità sia un concetto abbastanza vasto e la cui delimitazione ad un preciso intervallo storico-temporale sia poco produttiva. Come citi nella stessa domanda, il contemporaneo è estremamente “variabile” in base che si parli di arte, musica, teatro.
Il panorama dell’architettura contemporanea, per entrare nello specifico, è così sfaccettato che certe opere, per quanto realizzate il semestre scorso, sono di difficile collocazione temporale. Merito della “contemporaneità”? Non saprei dire, comunque, come non credo negli “ismi” o nella necessità di etichettare questo o quello, penso che alla fine qual è l’utilità di individuare l’arco temporale che definisce l’architettura contemporanea? Lascio l’arduo compito agli storici!

2. Per una buona riuscita di opera ci vuole un buon architetto, un committente illuminato e una buona impresa. Per l’esperienza che tu hai potuto maturare all’estero, puoi indicare che peso hanno questi 3 fattori nella realizzazione di un’opera?

Tutti e tre allo mosto modo, assolutamente.

3. Riguardo l’architettura contemporanea, l’Italia negli ultimi anni sta tentando di recuperare il grosso divario con gli altri stati europei e lo sta facendo lentamente. Una importante tappa a livello nazionale è stata l’avvio del P.A.R.C. “Direzione Generale per la qualità e la tutela del paesaggio, della qualità del progetto e dell’opera architettonica e urbanistica”. La Sicilia ha recepito le direttive ministeriali con l’istituzione del D.A.R.C. Sicilia e ad oggi l’attività del Dipartimento per l’Architettura e l’Arte Contemporanea rappresenta un punto di riferimento per tutti i professionisti e gli enti che operano nel settore avendo già all’attivo il patrocinio di ben 12 concorsi internazionali entro il 2009. Qual è il tuo parere sull’attività del D.A.R.C. e sui possibili cambiamenti e i contributi che la sua istituzione potrà apportare nella cultura isolana riguardo l’architettura contemporanea?

Conosco troppo poco l’attività del D.A.R.C. per essere in grado di rispondere a questa domanda. Posso però dire che sono abbastanza perplesso riguardo i “possibili cambiamenti e i contributi” che una qualsiasi istituzione possano apportare alla conoscenza – ancora prima di cultura – nell’isola dell’architettura contemporanea. Sono più ottimista verso quelle iniziative che partono “dal basso”. Nelle realtà estere dove ho vissuto e lavorato il vero “fermento” culturale, e non necessariamente architettonico, è alimentato da tantissime iniziative private, a volte occasionali, a volte programmatiche. Da queste parti, per lo più, si parla d’architettura tra architetti. Ci si incontra per lamentarsi, criticare, discutere di questo o quel problema, ma non mi sembra ci siano poi tutte queste reali opportunità di scambio di opinioni che sia costruttivo a favore della divulgazione della conoscenza dell’architettura contemporanea. Comunque per quanto attiene una mia personale “sensazione” sulla D.A.R.C. e sui concorsi banditi da questa istituzione, devo dire che non nutro una grande ammirazione. Piuttosto, in certi casi, il patrocinio mi è sembrato un ennesimo tentativo di pilotare i risultati in favore di questo o quell’amico, collega o altro. A questo proposito concludo con una riflessione presa in prestito a Luigi Prestinenza Puglisi ( contenuta, tra l’altro, all’interno di un articolo comparso su l’Arca). In merito ai concorsi banditi dal D.A.R.C. o con il patrocinio del Dipartimento, Prestinenza riteneva più corretto e trasparente che nessun membro del D.A.R.C. figurasse all’interno della giuria.

4. Qual’è l’esperienza che ha lasciato un segno indelebile nel tuo modo di progettare?

L’ esperienza che farò domani mi darà qualcosa in più di quanto ho oggi. Mi piace rimettermi in discussione e per questo evito di farmi lasciare “segni” indelebili.

5. Quali sono gli aspetti che ritieni i più positivi ed i più negativi dell’architettura contemporanea?

Non credo di essere in grado di dare una risposta in termini così generici e generali.

6. L’architettura, al di là delle componenti artistiche, filosofiche e culturali, è anche un servizio professionale che viene reso ad un committente pubblico o privato in regime di mercato a seconda della “domanda” e dell’ “offerta” del servizio stesso. Ritieni che la scarsa diffusione della cultura architettonica contemporanea in Sicilia e in altre parti d’Europa sia causata dalla mancanza di una “domanda consapevole” circa i necessari requisiti di contemporaneità di un’opera nuova?

Credo sia necessaria una maggiore opera di divulgazione e conoscenza della cultura architettonica in generale. La consapevolezza può derivare dalla conoscenza di quelli che possono essere orizzonti decisamente più ampi di quelli del proprio orticello.
Non possiamo parlare di scarsa diffusione della “cultura contemporanea” quando riviste, blog, trasmissioni, video ci circondano e sommergono di informazioni sull’architettura anche contemporanea. Chiaramente bisogna valutare ciò che arriva fino a noi, che comunque restiamo tagliati fuori dagli importanti circuiti culturali nazionali ed internazionali. Le università, l’INARCH si sforzano di organizzare occasioni di divulgazione e di crescita della sensibilità del pubblico verso l’architettura ma le difficoltà ordinarie rendono tutto difficile, improduttivo e improgrammabile. Bisogna imparare a decodificare queste informazioni e soprattutto a sviluppare un senso critico. Tutto ciò non può avvenire dall’oggi al domani, ma è innegabile che rispetto ad altre parti del’Europa abbiamo molto di più da fare.

7. Conoscendo la realtà siciliana ed in particolare di una delle città che conosci meglio, quale opera di architettura potrebbe risultare fondamentale per lo sviluppo del territorio?

Qualunque opera se ben pensata e ben progettata può dare un contributo, piccolo o grande che sia. In una condizione critica come quella del territorio dell’area metropolitana catanese, per esempio, la congestione del traffico veicolare è patologica come è patologica la gestione del trasporto pubblico che è anche causa concomitante. Credo che in un futuro prossimo temi progettuali legati alla mobilità ed intermodalità debbano essere affrontati con urgenza e soprattutto competenza e lungimiranza.

8. Qual’è la principale differenza nell’organizzazione del lavoro all’interno dello studio professionale in cui operi rispetto a quella che si ha in Sicilia? (se l’intervistato opera all’estero)
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9. Nella realizzazione di un’opera, grande importanza viene data all’effettiva esecutività del progetto; ritieni che l’Italia e la Sicilia in particolare siano ancora indietro rispetto agli standard qualitativi europei riguardo la qualità media dei progetti?

Credo ci siano differenze sostanziali tra gli standard qualitativi europei e quelli italiani/siciliani Le cause sono molteplici. Buona parte delle responsabilità sono comunque anche nostre.

10. L’avvento di internet ha reso di facile visione e diffusione le immagini dei progetti e delle opere costruite. Ritieni che il fascino e la seduzione visiva delle rappresentazioni grafiche ottenute con l’uso degli strumenti di visualizzazione digitale abbia in qualche modo condizionato i criteri progettuali e le tendenze compositive?

Nell’attività progettuale impieghiamo gli strumenti di visualizzazione digitale come supporto alla progettazione, come strumenti stessi del progettare. Al pari dei vecchi “plastici” di studio, degli schizzi a matita, gli strumenti di visualizzazione servono indubbiamente alla fase progettuale che alla fase “illustrativa” del progetto a terzi. Chiaramente ci sono architetti che invece “spingono” le capacità e potenzialità di questi strumenti incanalandoli in un tema di ricerca che, magari, ha più a che fare con la sperimentazione plastica di forme, tessiture, trame. In ogni caso questi strumenti restano tali. La “composizione” è prima nella mente del progettista e poi passa allo strumento. Ma il contrario spesso avviene pure. Bisognerebbe comunque spostare la discussione sulla qualità del prodotto.

11. Si ritiene che lo strumento del concorso di idee sia utile per la diffusione del principio di qualità e di trasparenza di un opera architettonica pubblica. Sei d’accordo con questa affermazione e ritieni che il livello di equità di giudizio offerto dalle commissioni giudicatrici sia mediamente accettabile?

Non è il concorso come strumento a garantire qualità e trasparenza di un opera architettonica pubblica. E’ l’operato di chi giudica le proposte all’interno di un concorso che dovrebbe garantire tutto ciò. Sulla trasparenza: Partecipiamo spesso a concorsi di idee o di progettazione. Purtroppo noto con sempre maggiore frequenza che l’operato dei giudici sia poco chiaro nell’enunciare e applicare coerentemente i criteri di valutazione delle proposte. Al di là di somme algebriche di questi o quei punteggi, a volte i giudizi pubblicati non sono altro che banali “trasposizioni” di parti delle relazioni descrittive delle proposte stesse. Quanto di più “trasparente”!!! Sulla qualità: Non credo che il concorso, nella nostra realtà, sia sempre espressione di qualità. Un po’ per via dei meccanismi di scelta che non sono sempre oggettivi e trasparenti. Come dicevo inizialmente, bisogna vedere da chi è composta la commissione e quindi dall’”autorità” dei giurati, dalle loro capacità di valutare le proposte concorsuali. Noto comunque che nei concorsi nazionali le commissioni sono comunque troppo “locali”, a volte poco qualificate e spesso non estranee a legami con vincitori e premiati. Tutto questo non necessita di ulteriori commenti sul “livello di equità” del giudizio.

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